Discendente di una famiglia reale burundese, Bimeni lascia il suo paese all’età di 15 anni durante la guerra civile. Sopravvivendo a tre episodi in cui la sua vita viene attentata, ottiene infine lo stato di rifugiato e fugge nel Regno Unito dov’è rimasto da allora. Si trasferisce a Londra nel 2001, dove abbraccia le infinite possibilità musicali che la città offre: jam sessions con la band di Roots Manuva, serate open mic insieme a Shingai Shoniwa dei Noisettes, ed un incontro con una Adele allora adolescente.
La musica gli offre una tregua e gli dà respiro in quei giorni in cui Bimeni, da solo, ricomincia la sua vita nel Regno Unito. “In Galles per la prima volta comprai della musica – raccolte di Ray Charles, Otis Redding, Bob Marley e Marvin Gaye”. Artisti che ispireranno poi la composizione delle sue canzoni.
Ma fu l’invito ad unirsi ad una band tributo ad Otis Redding nel 2013 a portarlo verso la strada che ancora oggi sta percorrendo. Partecipando come ospite del gruppo funk Speedometer ad uno show in Spagna nel 2017, fu notato dalla Tucxtone Records, che da subito seppe di aver trovato l’uomo che stava cercando. È così che ha inizio il suo progetto insieme ai Black Belts – Rodrigo Diaz “Nino” (batteria e percussioni), Pablo “Bassman” Cano, Fernando Vasco “Two guns” (chitarra), Ricardo Martinez (tromba) e Rafael Diaz (sax). Bimeni registra l’album con loro a Madrid, durante l’inverno del 2017.
Ispirato dalle classiche sonorità anni 60 di Motown e dai grooves della Stax, l’album viene scritto dal direttore musicale Eduardo Martinez e dal compositore Marc Ibarz , mentre Bimeni impregna questi racconti di amore e perdita con le sue tragiche esperienze, rendendo Free Me una profonda colonna sonora soul per la sua vita sofferta.
In Free Me, alle jam funk si susseguono profonde ed accorate ballad provenienti dal southern soul, con un’atmosfera unica presente in tutto questo capolavoro, grazie a quel suo edificante stile africano. Che si tratti del funk di Honesty, della ribelle ed ispirata Fade Away o della commovente I Miss You, in ogni situazione Bimeni dimostra una incredibile profondità con la sua estensione vocale. Il fatto che Bimeni abbia vissuto un’esistenza fuori dall’ordinario e viva per raccontare questa storia rende queste canzoni ancora più significative.
“Quando mi trovavo nel mio letto di morte, dopo che mi spararono, chiamarono un prete per darmi l’estrema unzione” ricorda lui. “Ho guardato il prete e ho detto ‘Non sento che morirò. Sento che vivrò a lungo, conoscerò il mondo e proverò a me stesso che il mondo non è soltanto odio o omicidi’”.
Quel soul che solo chi conosce la vera sofferenza sa interpretare.