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LASS

lo stile moderno delle star afropop contemporanee

L'eredità secolare dei più grandi cantanti africani si perpetua

Sia accompagnato dalla chitarra acustica, archi classici o dai ritmi house e afropop prodotti da Bruno Patchwork (Voilaaa) e Raphael D’Hervez (Pongo), il flusso melodico di Lass e il suo stile elegante ti portano lontano dal solito tran-tran quotidiano, rallegrandoti.

La sua profonda e potente voce, il linguaggio espressivo e i giochi di parole sono già rimasti impressi nella nostra testa tutta l’estate grazie alle trasmissioni su Radio Nova, Inter in Francia e Radio Cosmo in Germania del singolo Yacomome, che significa ‘questo è per te!’ in Wolof. Questo è l’EP di debutto di Lass: una piccola mappa del mondo, una raccolta di storie e una semplice filosofia illustrata attraverso la sua voce sbalorditiva. Cresciuto tra i soundsystem di Dakar, Lass ha ascoltato fin da piccolo i suoni afrocubani dell’Orchestra Baobab e Bembaya Jazz alle serate di rumba congolese organizzate da suo fratello, prima di scoprire il reggae e artisti come il più recente Garnett Silk. Travolgente, canta folk, dancehall, mbalax o electro e ha ormai superato i 4 milioni di stream online con la sua hit con Synapson, Souba, e per la sua collaborazione con Tim Dup, Toujours, ci manca poco.

La mia voce è il mio strumento, la porto con me ovunque! Sono giunto ad un punto in cui identificarmi con uno stile preciso non ha importanza. Mi piacciono le sfide, come quando accosto i miei vocal, chiaramente africani, ai ritmi house, decisamente europei”.

Dopo essere arrivato in Francia 13 anni fa, Lass avrebbe potuto abbandonare i suoi sogni musicali e felicemente sistemarsi con una buona carriera e una vita familiare stabile. Al contrario, ha rincorso il suo sogno: “E’ difficile rimanere positivi quando devi combattere e lavorare due volte più duramente. In Senegal, siamo abituati a pensare che la carriera finisca nel momento in cui si arriva in Francia. Bisogna affittare casa, trovare lavoro, pagare tutte le spese… non c’è tempo per la musica e spesso si fallisce dopo il primo tentativo”. L’ex addetto alla sicurezza contro gli incendi ora infiamma i palcoscenici e ricorda, così, le lezioni che lo hanno aiutato a perseverare. La canzone Mo yaro parla dell’orgoglio di un padre, mentre Tabè di un amore che perseguita le sue notti. La molto più solenne De du tago (‘la morte non chiede il permesso’) descrive le tante volte in cui il cupo mietitore ha portato via i suoi cari. “Ho perso prima mio padre e poi mia madre nel 2000. Ma soprattutto, ho visto molti amici partire su piroghe, e mai arrivare”.

L’opera più straordinaria è la sua voce, potente ma delicata allo stesso tempo. “L’afrojazz e la cultura jamaicana mi hanno influenzato parecchio. Solitamente ascoltavo le cassette studiando il loro respiro e ogni piccolo dettaglio. Ho presto realizzato, però, che dovevo cominciare il mio progetto. Ho messo insieme tutte queste culture così da non somigliare a nessun altro”. Ciò lo ha condotto, infine, alla sua hit di successo dalla doppia sfaccettatura: Mo Yaro, molto afro-house nella versione di Synapson e prodotta da Raphael D’Hervez (Pongo). Molto più acustica e intima nella seconda interpretazione presentata come epilogo dell’EP.
Lo scorso dicembre, Lass (Lassana) è tornato in Senegal per la prima volta in tre anni. “A portare l’EP alla mia famiglia! Loro sono meravigliati di vedermi andare in tour e suonare a grandi festival come Montreux Jazz quest’estate. A guardarmi indietro, mi accorgo che i problemi sono solo ostacoli che bisogna superare”.